Poker live: la Suprema Corte di Cassazione annulla il decreto di sequestro per un circolo

La Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata a favore di un circolo di poker live di Pordenone e ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata, nonché il decreto di sequestro del Pubblico Ministero di Pordenone del 15 aprile 2013; disponendo l’immediata restituzione di tutti i beni sequestrati agli aventi diritto.
“Nell’aprile del 2013 – ricostruisce l’avvocato Massimiliano Rosa – la GdF di Pordenone, su delega del PM, dott.sa Annita Sorti, effettuava una massiccia operazione di perquisizione e sequestro presso i locali dell’ASD Villa Club, allorquando era in corso di svolgimento un torneo di poker sportivo con 83 partecipanti, i quali avevano pagato una quota di partecipazione di 30 euro ciascuno. Nell’occasione, alcune pattuglie procedevano all’irruzione presso la sede sociale, e altre ancora presso le residenze personali dei presunti organizzatori del gioco illegale. Le abitazioni perquisite in notturna erano addirittura tre, e al loro interno dormivano una giovane donna incinta, compagna di uno degli indagati, e i 4 anziani genitori degli altri due. All’esito di questa spaventosa operazione, la GdF rilevava il solo reato di gioco d’azzardo, di cui all’art. 718 c.p., e procedeva al sequestro probatorio dei locali dell’Associazione, di alcuni computer, di varia documentazione, e delle seguenti somme di denaro:

€ 2.490,00 all’interno della sede sociale, corrispondenti al montepremi raccolto (83×30);
€ 760,00, rinvenuti all’interno del bancone bar, molto lontano dalla zona gioco,
corrispondenti al fondo cassa della serata (per i bigliardi, freccette, somministrazione cibo e
bevande, internet point etc.);
€ 900,00, detenuti nel proprio portafogli personale da uno degli associati;
€ 15.000,00 circa nella residenza dei genitori di uno degli indagati, detenuti in una cassetta
in cantina: denaro dichiaratamente di proprietà dei genitori di quest’ultimo, come provato da
una contabile bancaria attestante il prelievo di € 12.000,00 dal c/c del padre.
Il sottoscritto Avvocato proponeva Riesame contro il decreto di sequestro presso il Tribunale
della Libertà di Pordenone, sostenendo, tra i vari motivi, l’assoluta mancanza del fumus
commissi delicti, e l’assenza di pertinenzialità tra i beni sequestrati ed il contestato illecito
penale”.

Parte quindi una lunga Odissea tra i vari tribunali.
“Il Tribunale del Riesame accoglieva il ricorso per quanto concerne il dissequestro dei locali, dei
documenti e dei computer, ma rigettava per le somme di denaro, con motivazioni semplicemente imbarazzanti, per non dire del tutto manchevoli. Come se non bastasse, il PM Annita Sorti, non contenta, qualche giorno dopo emetteva un nuovo provvedimento di sequestro, questa volta “preventivo” (in precedenza si trattava di sequestro probatorio), riassoggettando al vincolo anche i beni in precedenza dissequestrati. Il mio assistito proponeva quindi Ricorso per Cassazione avverso l’Ordinanza del Tribunale del Riesame di PN. La Suprema Corte di Cassazione, con la Sentenza N. 37187/14, pronunciata il 06.05.2014, depositata in Cancelleria il 05.09.2014: ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata, nonché il decreto di sequestro del Pubblico Ministero di Pordenone del 15 aprile 2013; ha disposto l’immediata restituzione di tutti i beni sequestrati agli aventi diritto; La Corte cassa in modo perentorio e radicale l’operato della Procura di PN e dello stesso Tribunale del Riesame, sostenendo che nel decreto di sequestro vi era totale mancanza di motivazione e che il Tribunale del Riesame non poteva integrare autonomamente una motivazione assolutamente mancante. In buona sostanza, si da atto di un’attività del tutto arbitraria, in quanto immotivata!
Attività che, personalmente, non esito a definire da “Stato di polizia”!”

Prosegue la critica dell’avvocati., “Ma veniamo al punto a mio parere di maggior rilievo. La Sentenza – spiega Rosa – è stata depositata il 05 settembre 2014, il che significa che la Procura di PN ne ha avuto conoscenza in quella stessa data; è dovere della Procura dare immediata esecuzione alla pronuncia, restituendo tutti i beniì sequestrati agli aventi diritto, tra cui ricordo esservi somme di denaro per circa € 20.000,00; ho atteso invano che procedessero d’ufficio, come da loro obbligo, ma dopo due mesi senza notizie ho dovuto depositare una istanza di restituzione ex art. 263, co. 4°, cpp. Dopo tre mesi dal deposito dell’istanza e dopo diversi messaggi sollecitatori lasciati al PM Annita Sorti, puntualmente disattesi, i beni non sono ancora stati resi agli aventi diritto e dalla Procura di PN non ho ricevuto nemmeno una comunicazione. Questo è il modo in cui funzionano le cose, questo è il modo in cui lavorano le Autorità inquirenti, con ciò rifacendomi a tutto quanto esposto nei commenti sul caso della Bloody River. Concludo dicendo che se entro la settimana prossima non riceverò un provvedimento di restituzione firmato dalla dott.sa Sorti di PN, presenterò immediatamente un esposto per omissione d’atti d’ufficio in Procura Generale presso la Corte d’Appello di Trieste”. cz/AGIMEG