Caso Bplus, la compagnia attende la mossa della Prefettura. Si allungano i tempi del ricorso al Tar

“Qualcosa il Prefetto deciderà”. Bplus sceglie di non giocare la prima mossa nello scontro con la Prefettura di Roma sull’interdittiva antimafia emessa nei confronti di Francesco Corallo, e sospesa fino al prossimo 30 maggio. Se Pecoraro decidesse di non rivedere l’interdittiva, i Monopoli dovrebbero a questo punto determinare le sorti della compagnia. In realtà non c’è una norma che disciplini esattamente l’uscita di scena di un concessionario, Piazza Mastai dovrebbe avviare la procedura per la decadenza della concessione (e fare i conti con un buco di gettito di circa 1 miliardo), oppure trovare uno strumento per imporre la cessione o lo smembramento.

A settembre 2013, Pecoraro, nell’accordare la sospensione dell’interdittiva, aveva preso atti della creazione di un blind trust (figura del diritto anglosassone che consente di scindere la gestione di una compagnia dalla proprietà, in modo da assicurare l’indipendenza della prima). La soluzione però doveva avere carattere transitorio: doveva infatti portare alla cessione delle azioni, consentendo nel mentre di salvaguardare il gettito erariale, e i circa 300 dipendenti. A gennaio, infatti, il Prefetto aveva scritto ai Monopoli per chiedere “se siano state avviate le operazioni volte alla vendita da parte della società di tutte le azioni, al fine della dismissione dell’attività da parte della società stessa”. A qualche settimana di distanza, la compagnia aveva quindi diffuso una nota annunciando che – dietro istanza dei propri legali – aveva ottenuto che la Prefettura di Roma avviasse la revisione dell’interdittiva, e spiegando che fra i motivi della revisione, vi era “l’erronea applicazione del codice, ove  l’art. 84 (D.Lvo 159/11) dispone che le valutazioni discrezionali del Prefetto possono esser desunte solo dalle diverse ipotesi richiamate dall’art. 51 comma 3 bis del cpp, in cui non è assolutamente ricompresa la fattispecie ascritta al titolare della Bplus. Inoltre, la Corte d’Appello di Roma, con ordinanza 50250 RG passata in giudicato ha già vietato al Ministero dell’Interno e alla DIA di accostare il nome di Francesco Corallo alla mafia”.

Il termine di legge per effettuare la revisione è largamente scaduto, ma Bplus ha deciso di non chiedere l’intervento del Tribunale Amministrativo. La compagnia ha depositato lo scorso autunno un ricorso al Tar, ma come conferma a Agimeg una fonte vicina al direttivo, non è stata fissata alcuna udienza entro maggio. In pratica, Bplus attende che sia la Pubblica Amministrazione a adottare un provvedimento, per poi impugnarlo – qualora fosse negativo – di fronte al giudice. Un iter che come vantaggio immediato dovrebbe provocare una dilazione dei tempi, visto che il ricorso già depositato infatti deve essere discusso nel merito, il giudice entro due mesi emetterebbe quindi sentenza. Bplus invece, impugnando un nuovo provvedimento, potrebbe presentare una domanda di sospensiva, ottenendo quindi un’udienza in camera di consiglio, prima di arrivare al merito. lp/AGIMEG